CAPITOLO 24
Capitolo 24
Questo libro si apre con un’espressione che caratterizza l’intera economia mosaica: «Poi Dio disse a Mosè: Sali all’Eterno, tu e Aaronne, Nadab e Abihu e settanta degli anziani di Israele, e adorate da lungi; poi Mosè solo s’accosterà all’Eterno; ma gli altri non s’accosteranno né salirà il popolo con lui» (vv. 1 e 2). Non troviamo mai, in nessun ordinamento della legge, queste preziose parole: «Venite, accostatevi». No! Parole simili non potevano farsi udire dal Sinai né da mezzo alle ombre della legge. Potevano essere pronunciate soltanto dall’altro lato della tomba vuota di Gesù, dove il sangue della croce aveva aperto, per lo sguardo della fede, una prospettiva senza nubi. Le parole «da lungi» caratterizzano la legge come l’espressione «accostatevi» caratterizza il Vangelo. Sotto la legge l’opera che poteva conferire al peccatore il diritto di avvicinarsi non era compiuta. L’uomo non aveva obbedito come s’era impegnato a fare. E il sangue di tori e di becchi (Levitico 16:18) non poteva né espiare il suo peccato né dare la pace alla sua coscienza; per questo bisognava che si fermasse lontano. I voti fatti dall’uomo erano violati, e il peccato non era lavato. Come avrebbe potuto, l’uomo, avvicinarsi? Il sangue di diecimila tori non poteva cancellare una sola macchia dalla sua coscienza né dargli il dolce sentimento della prossimità d’un Dio di grazia, giusto e giustificante.
Tuttavia, il primo patto (Ebrei 9) è qui consacrato col sangue. Mosè costruisce un altare ai piedi del monte fatto di «dodici pietre per le dodici tribù di Israele» (vedere Giosuè 4 e 1 Re 18:31). E mandò dei giovani tra i figliuoli di Israele a offrire olocausti e a immolare giovenchi come sacrifici di azioni di grazie all’Eterno. «E Mosè prese la metà del sangue e lo mise in bacini e l’altra metà lo sparse sull’altare. Allora Mosè prese il sangue, ne asperse il popolo e disse: Ecco il sangue del patto che l’Eterno ha fatto con voi sul fondamento di tutte queste parole» (v. 5, 6, 8). Sebbene, come ci insegna l’apostolo, sia «impossibile che il sangue di tori e di becchi tolga i peccati», (Ebrei 10:4) tuttavia santifica «in modo da dar la purità della carne» (Ebrei 9:13). E come «ombra dei futuri beni» (Ebrei 10:1) serviva a mantenere il popolo in relazione con l’Eterno.
«Poi Mosè ed Aaronne, Nadab e Abihu e settanta degli anziani salirono, e videro l’Iddio d’Israele. Sotto i suoi piedi c’era come un pavimento lavorato in trasparente zaffiro, e simile, per limpidezza, al cielo stesso. Ed egli non mise la mano addosso a quegli eletti tra i figliuoli d’Israele; ma essi videro Iddio e mangiarono e bevvero» (vv. 9-11). Era la manifestazione dell’Iddio di Israele in luce, purezza, maestà e santità. Non era la rivelazione delle affezioni del Padre né i dolci accenti della voce di un Padre che spande pace e fiducia ai cuori. Il lavoro in trasparente zaffiro rivelava questa purezza e questa luce inaccessibile che non potevano dire al peccatore altro che «fermati lontano». Tuttavia «videro Iddio e mangiarono e bevvero»; prova commovente della longanimità e della misericordia divine, come pure della potenza del sangue!