FUMETTI - Il Forum degli Eternauti Unofficial Aurea Forum: comics, libri, musica & chiacchiere assortite

Note a margine...

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    Takfir
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    di Kalissa
    00 16/12/2012 00:37
    Cogliendo l'occasione per mettere un pò in ordine la videoteca ...
    Nonostante Brazil (1985), La leggenda del re pescatore (1991), L'esercito delle 12 scimmie (1995) e Paura e delirio a Las Vegas (1998), Terry Gilliam non è considerato un grande regista.
    Ma anche negli anni 2000 piazza tre colpi niente male: I fratelli Grimm e l'incantevole strega (2005), Tideland - Il mondo capovolto (2005), consigliato solo a fans incalliti o a spettatori sotto l’effetto di psicofarmaci pesanti e Parnassus - L'uomo che voleva ingannare il diavolo (2009), che invece rinverdisce la delirante e allucinata verve del regista. Da vedere.


    Tarsem Singh nel 2000 aveva girato The Cell, che nonostante il notevole handicap di una Jennifer Lopez che non si limita a recitare col culo, era un imperfetto thriller visionario ma un bel puzzle di spezzoni cinematografici accattivanti.
    Comunque con The Fall (2006) estrae dal cilindro un gioiellino splendete in cui la dimestichezza coi videoclip e gli spot pubblicitari gli permette di raccontare una favola colma di estro visionario. Da vedere.
    Adesso Tarsem è entrato nel salotto buono delle produzioni vuoto a perdere con Immortals (2011) e Biancaneve (2012), ma sempre meglio lui di tanti altri.


    Mysterious Skin (2004) di Gregg Araki, cantore di favole nere nichiliste e alienate che aveva spiazzato con il maledettismo intellettuale di Doom Generation (1995), che qui invece riesce a raccontare una storia straniata dosando a dovere fascino e disincanto. Da vedere.


    Racconti dell'età dell'oro (2009), film a episodi come quelli appunto dell’età dell’oro della commedia all’italiana e, giusto come quelli, gustoso, grottesco, e irreale. Maestro di cerimonia è Cristian Mungiu.
    Si narra che 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni nacque per bilanciare gli intenti comici di queste leggende metropolitane della Romania ai tempi del Comunismo.

    Comunismo che nella cinematografia degli anni 2000 ha lasciato molte e diverse tracce interessanti.

    Come il delizioso Good bye Lenin! (2003) in cui si gioca magistralmente con il populismo un po’ saggio e un po’ nostalgico del “si stava meglio quando si stava peggio”.
    Sempre in zona caduta del muro e riunificazione tedesca Il Silenzio dopo lo Sparo (2002), del grande Volker Schlöndorff ( su tutti Il Tamburo di Latta (1979)) che suona su un registro a tratti struggente.
    Di ribellione e fuga, bisogno di vita normale, tragici conti col passato.
    Memorie e fantasmi di terrorismo rosso anni ’70.
    Come nell’italiano La Prima Linea (2009) diario di ideologia che diviene morte di sentimenti e persone.
    Quotidianità assurda del terrore.
    Il regista Renato De Maria è del 1958 e quella fine degli anni ’70 la ricorda bene.
    Aveva 20 anni a Bologna e conobbe un tal Andrea Pazienza.
    Il disorientamento tragicomico di quella Bologna e di quel fumettaro diventato cult lo racconta in Paz! (2002) giocando con l’identità diseguale del cinico Zanardi, del depresso Penthotal, del farsesco studente Enrico Fiabeschi.
    Sempre Bologna, sempre il Movimento del ’77.
    Lavorare con Lentezza (2004) storiella sgangherata a la Alan Ford con sfondo di storia (vera) di Radio Alice. Alla sceneggiatura Wu Ming e alla regia Guido Chiesa che nella decade può vantare anche Il Partigiano Johnny (2000), uno sguardo asciutto e severo sulla Resistenza e una dichiarazione d’amore fedele al romanzo di Beppe Fenoglio.
    Film tutt’altro che perfetti questi ultimi italiani ma tutti diversamente importanti perché narrano storie che sono Storia, anche se negata e boicottata.
    Non solo dalla bassezza culturale del ventennio berlusconiano ma soprattutto dai Circhi Intellettuali che si dicono di Sinistra…
    Aggiungo, così a braccio,…
    Guido che sfidò le Brigate Rosse (2007) di Giuseppe Ferrara, che di Terrorismo e Mafia ha spesso parlato con coraggio e cognizione di causa.
    Vogliamo anche le Rose(2007) di Alina Marrazzi (il suo Un’ora sola ti vorrei è toccante) documentario che mette a fuoco l’ormai misconosciuta importanza epocale del Movimento Femminista.

    To be continued...



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    koala3
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    "Padrune" di Giuda
    00 16/12/2012 12:34
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    Juan Galvez
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    Clone del Ratto
    00 16/12/2012 16:36
    Because he is The Bardo.

    V.



    V.

    http://olivavincenzo.blogspot.com/
    http://vincenzooliva.blogspot.com/
    http://vincenzooliva2.blogspot.com/

    "Ahi serva Italia, di dolori ostello
    nave sanza nocchiere in gran tempesta,
    non donna di provincie ma bordello"

    Settecento anni e non è cambiato un ca**o
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    Carlo Maria
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    00 16/12/2012 21:06
    Re:
    Juan Galvez, 16/12/2012 16:36:

    Because he is The Bardo.

    V.



    [SM=x74967] [SM=x75039]


    La tua riflessione, Paolo, offre spunti interessanti e citi diverse pellicole che non conosco e vedrò di reperire.
    Come al solito, in tutte le tue scelte si vede un filo comune conduttore che le connota: sono tutti film e registi che avrei associato a te pure senza averne letto in questo post.
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    Takfir
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    di Kalissa
    00 16/12/2012 22:00
    Re: Re:
    Carlo Maria, 16/12/2012 21:06:



    [SM=x74967] [SM=x75039]


    La tua riflessione, Paolo, offre spunti interessanti e citi diverse pellicole che non conosco e vedrò di reperire.
    Come al solito, in tutte le tue scelte si vede un filo comune conduttore che le connota: sono tutti film e registi che avrei associato a te pure senza averne letto in questo post.



    Troppo buoni.
    In realtà praticamente tutte le persone che pascolano erraticamente da queste parti hanno una profonda riconoscibilità culturale, pur essendo tuttologi onnivori.
    ed è una gran bella cosa, tanto più che si divertono ad esserlo.


    [Modificato da Takfir 16/12/2012 22:12]



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    Takfir
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    di Kalissa
    00 16/12/2012 22:11
    Al Cinema nel XXI secolo per capire il XX

    “Il Nastro Bianco” (2009). In un piccolo villaggio tedesco negli anni 1913/14 a spezzare la monotona ripetitività di una vita ordinaria incominciano ad accadere incidenti inquietanti e inspiegabili.
    Un bianco e nero claustrofobico crea un clima di attesa opprimente che alla fine verrà sciolto solo a livello di trama.
    In realtà il fulcro del film è l’analisi delle relazioni tra gli adulti e tra questi e i bambini, gelide e prive di ogni senso di umanità, sotto la patina di decoro che avvolge un mondo rurale, borghese e devoto quanto classista, soprattutto nei confronti delle donne.
    Assistiamo alla decodificazione delle diverse forme di esercizio dell’autorità e del sopruso nei personaggi del Medico, del Pastore e del Barone, che giustifica una realtà di sopraffazione e intolleranza dilaganti.
    Nella definizione di un modello da odiare ma anche emulare per i più piccoli, che finiscono per assimilare la violenza che domina il loro mondo, solo superficialmente velata dalle convenzioni.
    Lezione magistrale sul come vengano gettati i semi e curati i germogli della generazione che, dopo la prima guerra mondiale, diventerà nazista.
    Semplicemente, senza bisogno di tante complesse analisi socio politiche ed economiche.
    Il regista Michael Haneke gioca ancora con la normalità del lato oscuro dell’animale uomo, come aveva fatto nel pure notevole “Il tempo dei lupi” (2003).

    Kevin Macdonald, a parte il successo de “La Morte Sospesa” (2003), è quello de “L’Ultimo Re di Scozia” (2006), storia di "Sua Eccellenza Presidente per la Vita, Federmaresciallo Al Haidji Dottor Idi Amin, Signore di tutti gli animali della terra e dei pesci del mare, e Conquistatore dell'Impero Britannico, In Africa e particolarmente in Uganda".
    Un regista che sa parlare dell'ambiguità della follia associata al fascino del potere
    “Il nemico del mio nemico (Cia, nazisti e Guerra Fredda)” (2007) è un importante film documentario su Klaus Barbie, noto alle cronache della seconda mondiale come “il macellaio di Lione” quando torturava e uccideva quale alto ufficiale della Gestapo nazista.
    Salvato dal Processo di Norimberga dal controspionaggio americano per operazioni anticomuniste, nel 1955 fu fatto espatriare sotto falso nome in Bolivia dove visse tranquillamente mettendo la sua esperienza al servizio dei militari di destra, che nel 1980 sarebbero arrivati al colpo di stato.
    Si racconta che abbia anche avuto un ruolo attivo nella cattura di che Guevara.
    Sfiora quasi l’assurdo vederlo, ormai anziano e fragile, una volta estradato e processato in Francia, affermare ironicamente che la definizione di “macellaio di Lione” faceva solo irritare i veri gestori delle macellerie della città.

    L’adagio “Il nemico del mio nemico è mio amico” definisce perfettamente l’atteggiamento degli Stati Uniti dopo il secondo conflitto mondiale, quali sostenitori, finanziatori, mandanti delle organizzazioni fasciste e delle loro attività in tutto il mondo.
    Soprattutto in Sudamerica.
    “Machuca” (2004) è ambientato in Cile nel 1973, nell'epoca in cui poteva ancora sognare il sogno socialista di Salvador Allende.
    E’ la storia di un bambino ricco ed uno povero che si incontrano e fanno amicizia grazie alla scuola e ad un professore idealista.
    Ma nulla potranno la loro confidenza e affiatamento nel clima di esasperato scontro sociale che regna nel paese.
    Dove, oltre alle trame delle forze reazionarie e conservatrici sostenute dagli Americani, anche l’ostilità della buona borghesia ai progetti di riforma del Presidente accompagneranno la nazione verso il colpo di stato.
    E il bambino ricco al ritorno nel posto che gli compete nella gerarchia sociale.
    Un piccolo grande film che ha i colori e i sapori di quel tempo, che commuove senza essere retorico.
    In modo semplice, senza impartire lezioni.
    E la sobrietà e l’intelligenza unite all’impegno sono anche la caratteristica di “Isola 10” (2009).
    Che parla sempre del Cile, solo pochi mesi dopo.
    Nel settembre del 1973.
    Quando Pinochet ha preso il potere e regola i conti con gli oppositori.
    Un gruppo di ministri e di funzionari del governo del defunto Allende vengono internati nel campo di concentramento di Dawson Island, nello Stretto di Magellano.
    L’assurda quotidianità è quella di ogni campo di concentramento, di ogni epoca e regime.
    L’annullamento della libertà con la coercizione e il terrore.
    E la lezione più alta dei prigionieri è sempre la stessa: mantenere la propria identità e dignità, nonostante tutto.
    “Complici del silenzio” (2009) invece è un film italiano.
    Italiano in Argentina.
    Come Maurizio, che in Argentina ci va come cronista sportivo al Mundial del 1978.
    In Argentina si innamora della ragazza “sbagliata” e finisce per un sospetto nelle mani dei torturatori del dittatore Videla.
    Poi sparisce.
    Dall’Argentina, dalla vita, da tutto.
    “Desaparecido”, come altre decina di migliaia di persone.
    Neanche la sua nazione lo cerca.
    Complice del Silenzio.
    Una storia già vista in “Garage Olimpo” e ne “La notte delle matite spezzate”.
    Ma è un gran bene che il film sia stato prodotto e distribuito alla fine del primo decennio del 21° secolo.
    La memoria va nutrita, coltivata.
    La memoria è la vita, che cambia e si ripete.
    Si avvolge su sé stessa, mescola e rimescola in incerte combinazioni.
    E’ un seme che vola in direzioni improbabili.
    Si evolve.
    Chi millanta presunte radici pure ed eterne è Papa Natzinger che copre i pedofili ma ce l’ha con i Gay.
    Lo Stato di Israele che diventa più fascista dei neonazisti che negano l’olocausto ma aggrediscono i tifosi inglesi di una squadra di calcio rea di essere stata un tempo favorita della comunità ebrea…
    E allora certo cinema negli anni 2000 serve.
    Serve come il pane.
    Come un viaggio.
    En “El Ultimo Tren” (2002).
    Quando uno dei più ricchi studi di Hollywood ha comprato in Uruguay una storica locomotiva del diciannovesimo secolo per la realizzazione di un grandioso film di cassetta.
    E gran parte dell’opinione pubblica è orgogliosa della notizia.
    Ma i membri dell'associazione “Amici del Riel”, composta da vecchi lavoratori delle Ferrovie dello Stato, non vogliono che un pezzo della loro memoria venga svenduto.
    Decisi a boicottare il trasferimento negli Stati Uniti della locomotiva la rubano e partono per un viaggio avventuroso ed esaltante lungo le tratte ferroviarie abbandonate e dismesse all'interno del Paese.

    E continuano a viaggiare...



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    Carlo Maria
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    00 17/12/2012 00:01
    Ti ho messo la discussione in evidenza, così la ritrovi sempre in cima. [SM=x74931]
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    Juan Galvez
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    00 17/12/2012 05:47
    Leggere il Bardo fa venire voglia di tornare al cinema (non inteso in senso fisico) con frequenza. Poi torna a sovvenirmi il fatto che questo medium, come la tv - e forse più della tv -, è stato il veicolo perfetto della fioritura esplosiva dell'ideologia consumista nel XX secolo. Fino alla marcescenza di questo XXI. E allora i film di cui parla magnificamente il Bardo, e che magnifici sicuramente sono, come tanti film che ho amato e amo, torno a vederli come quei preti buoni che fanno da scudo umano alla putredine di chiese e religioni ferocemente nemiche della specie umana. Quei preti buoni, che tanto appaiono soccorritori dell'umanità, ma al fondo sono suoi nemici peggiori di quelli che la faccia inumana del Pastore Tedesco la indossano da una vita. Una vita di paura di se stessi.

    Il cinema ha veicolato e imposto riti e miti della civilizzazione e cultura consumiste. Ivi compresi i riti e miti dell'opposizione a essi. E' uno strumento potente e duttile. Perchè in grado di adattarsi alla psicologia di ognuno. Efficace. Perchè il piacere che si ha nella visione di così tanti film è innegabile; come innegabili sono la sapienza tecnica di molti registi e attori, e la virtù estetica di tante pellicole. Dà assuefazione. Perchè il bello del cinema è intimamente soddisfacente dei nostri bisogni e sogni, e i suoi effetti collaterali sono mascherati con maestria.

    Per un uomo del XX secolo è forse impossibile liberarsene del tutto, però guardare in faccia questo Mefistofele per quel che è, è possibile. Benché sia arduo.

    V.



    V.

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    Carlo Maria
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    00 17/12/2012 10:56
    Re:
    Juan Galvez, 17/12/2012 05:47:


    ...
    Il cinema ha veicolato e imposto riti e miti della civilizzazione e cultura consumiste. Ivi compresi i riti e miti dell'opposizione a essi.
    ...
    V.




    Il cinema è un mezzo e come tale viene usato per veicolare informazioni e ideologie che sovente rappresentano le posizioni di potere, quelle governative, quelle dei gruppi maggioritari. Il concetto è lo stesso per la tv, come ben scrivi, ed è facile esemplificarlo citando le fiction continue su papi buoni e carabinieri onesti e coraggiosi che sui canali italiani tanto prolificano.
    Ciò detto, e puntualizzato che quindi concordo sulla riflessione del cinema come strumento privilegiato di propaganda del consumismo, puntualizzo però anche che in quanto mezzo, il cinema è a disposizione di tutti, di ogni ideologia. Gli USA in particolare spendono un sacco di soldi per far circolare la loro visione del mondo, però chi voglia ricercare, può trovare la propria nicchia (che per ora è tale, non necessariamente lo sarà in futuro), può accedere a visioni diverse. Il cinema istituzionalizza le correnti di pensiero, dà fiato e corpo alle visioni di singoli e gruppi che ritengano d'avere qualcosa da dire e trasmettere, ma non per questo motivo tali visioni sono uniformate e trasformate in un messaggio unico.
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    rimatt1
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    00 17/12/2012 12:10
    In questa discussione trovo tanti bei suggerimenti di visione, ne terrò sicuramente conto. [SM=x74968]

    Ah, qualcuno ha per caso l'e-mail di Mr. Jinx? [SM=x74962]
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    Juan Galvez
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    00 17/12/2012 17:57
    Re: Re:
    Carlo Maria, 17/12/2012 10:56:




    Il cinema è un mezzo (...)



    E McLuhan continua ad avere ragione, nonostante qualcuno pensi di no (non tu, eh).

    V.





    V.

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    Takfir
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    di Kalissa
    00 24/12/2012 19:19
    Vista l’atmosfera natalizia mandiamo in scena Animazione e dintorni.

    A partire dai “dintorni”…
    Tra i film tratti da fumetti mi pare non ci fosse From Hell (2001).
    Eppure è un notevole esempio di “disegno” cinematografico e le atmosfere sono davvero bellissime.
    Se non si azzardano confronti con l’opera di Moore e si sorvola sul fatto che alla storia di Jack lo Squartatore non aggiunge poi molto è un gran film.
    I fratelli Hughes, di nuovo insieme alla regia, nel 2010 firmano anche un’altra pellicola da citare, il bel post apocalittico The Book of Eli
    Sempre in zona “dintorni”…
    Nel 2001 Richard Linklater prende il rotoscope, una tecnica vecchia di più di 80 anni, e inventa il primo film disegnato su scene dal vivo dell’era digitale.
    Waking life dei requisiti di trama e ritmo narrativo del film moderno non ha niente.
    E’ un’amena e lenta passeggiata onirico filosofica sul senso della vita a base di Debord, Kierkegaard, Nietzsche, Sartre e soprattutto Philip K. Dick.
    Il che vale al regista la possibilità di girare (e disegnarci sopra) con adeguato budget A Scanner Darkly (2006), forse uno dei tentativi più riusciti di sempre di trasporre il senso profondo di uno scritto dickiano in racconto filmico.
    Qui la tecnica del rotoscope non è fine a se stessa ma rende al meglio la frammentazione della personalità indotta dall’esperienza alterata della tossicodipendenza, gioca con il sogno allucinato, la paranoia, l'incapacità di definire la realtà reale.
    Ed allo stesso tempo è lucido atto d’accusa contro il controllo e l'arbitrario e indiscriminato ”scrutare” del potere politico ed economico nelle moderne “democrazie” occidentali.
    Sicuramente da vedere.
    Linklater comunque non è un meteora ma un bravo regista, che se la cava egregiamente con diversi generi.
    Sono suoi La vita è sogno(1993), Prima dell'alba(1995) e il seguito, Prima del tramonto(2004).
    Ma anche il divertente School of Rock (2003) e Fast Food Nation (2007), un duro attacco alle multinazionali che non ha niente da invidiare al miglior Micheal Moore.
    Venendo all’animazione animata…
    Satoshi Kon era uno che avrebbe potuto essere un valido contraltare “adulto” allo stile miyazaki, se la malattia non se lo fosse portato via troppo presto.
    Nel 2006 era a pieno titolo entrato nel giro dei festival che contano e della grande distribuzione con Paprika, uno psyco-thriller che si muove in una specie di orgia onirica che usa l’animazione come elaborazione di diversi piani di finzione per confrontarsi con tematiche psicoanalitiche spesso care all’autore.
    Come nel suo primo lungometraggio Perfect Blue (1998).
    Da recuperare senz’altro anche Tokyo Godfathers (2004), strampalata ed ironica commedia natalizia che alla fine regala sentimenti freschi e non sentimentalismo precotto, che ebbe un discreto successo anche in Italia.
    Per me il suo lavoro migliore è comunque Millennium Actress (2001) autentico atto d’amore per la storia del Cinema e pretesto per raccontare una storia personale che rappresenta la Storia collettiva.
    Mamoru Oshii è anche lui un grande dell’animazione giapponese ma in occidente è più una figura di culto per appassionati ed addetti ai lavori (da James Cameron ai fratelli Wachowski, che non fanno mistero di essersi ispirati al suo Ghost in the Shell nella genesi di Matrix).
    Però, nonostante ad esempio il secondo capitolo di Ghost in the Shell Innocence (2004) sia stato il primo film d’animazione candidato alla Palma d’Oro a Cannes, non ha mai goduto di una promozione e di una distribuzione adeguata.
    La sua è una fantascienza forse troppo “adulta” che il pubblico occidentale accosta ancora male al concetto popolare di animazione.
    Rapido cenno ad Avalon (2001), film live action molto consigliato ad amanti di atmosfere cyberpunk e realtà virtuali vado a palla a quello che ritengo il suo miglior lavoro : The Sky Crawlers (2008).
    In un mondo che ha bandito per sopravvivere la guerra “vera” compagnie private mettono in scena un conflitto/esibizione ad uso dei bisogni mediatici delle masse.
    Protagonisti dello spettacolo sono aviatori adolescenti programmati per volare e modificati geneticamente per non raggiungere mai l'età adulta, che intrecciano nei cieli spettacolari duelli e trascorrono a terra una vita piatta e monotona, fino alla ineluttabile e prematura morte in combattimento.
    Il film è un perfetto rappresentante dell'estetica mono no aware, della malinconia delle cose belle e destinate a durare per un tempo brevissimo, come i petali di ciliegio.
    Un particolarissimo e sottile mix di sentimenti ed emozioni profondi ma sfumati, quasi sospesi che nell’animazione giapponese è fortunatamente diffuso e che solo ultimamente si sta facendo strada in certo cinema occidentale.
    Per finire il maestro dei due signori sopra citati, Katsuhiro Otomo, assurto a monumento dell’universo cyberpunk con Akira (1988).
    Che in realtà non è poi un film riuscitissimo ma che resta un mito.
    Steamboy (2004) è una pellicola realizzata con dovizia di tempo e di mezzi e che ha usufruito di ottima promozione e distribuzione.
    Dal punto di vista tecnico è un cartone animato superbo.
    Per un’ora è pure un gran film.
    Poi cala e si avvita su sé stesso, diventa noioso nonostante la molteplicità di spunti che l’ambientazione steampunk offre.
    E questo è forse il limite di Otomo.
    Grandissimo nei mediometraggi sulla lunga distanza si perde.
    Se avete voglia godetevelo come autore o coautore in Robot Carnival, Roujin Z e Memories.

    Per adesso mi fermo qui ma sull’Animazione degli anni 2000 c’è ancora molto da dire, visto che almeno per me non è un genere ma un ottimo mezzo per raccontare il nuovo millenio.