Attualmente esistono due tipi principali di sistemi per l'innevamento programmato:
1.
sistema a bassa pressione
Con questo sistema la nebulizzazione dell'acqua viene ottenuta mediante il passaggio attraverso una serie di ugelli di ridotto diametro, disposti in una o più corone concentriche. L'acqua è in pressione e la nebulizzazione viene favorita mediante una certa quantità d'aria compressa fornita da un piccolo compressore presente nel sistema. L'espulsione delle gocce è ottenuta mediante l'impiego di una grande ventola in grado di produrre una corrente d'aria sufficiente al trasporto delle gocce a grande distanza;
2.
sistema ad alta pressione
La nebulizzazione dell'acqua è qui ottenuta mediante il passaggio attraverso un ugello di emissione di una miscela di acqua e di aria fortemente compressa. L'espansione dell'aria compressa alla pressione atmosferica determina un sensibile raffreddamento dell'acqua che permette di produrre neve artificiale a temperature superiori rispetto al sistema a bassa pressione.
Meccanismi di controllo computerizzato garantiscono a questi sistemi la migliore resa produttiva in relazione a umidità, temperatura e velocità del vento.
La produzione di neve artificiale è quindi caratterizzata da un elevato costo energetico, perciò ogni tecnica economicamente vantaggiosa e che consenta la produzione di neve in un ampio intervallo di temperatura è di notevole interesse per l'industria dello sci.
Come descritto in precedenza, i cristalli di neve naturale normalmente si formano attorno a nuclei di congelamento su cui le molecole d'acqua possono condensarsi. Queste particelle sono indispensabili per la formazione dei cristalli di neve; l'acqua distillata, priva di impurità, può infatti rimanere allo stato liquido anche ad una temperatura di -40°C, secondo un fenomeno detto di sopraffusione. L'incremento del numero di nuclei di congelamento può determinare un aumento delle rese produttive di neve artificiale e tale principio è alla base dell'impiego di additivi quali le proteine batteriche. Studiosi americani agli inizi degli anni '70 (Maki et al., 1974) hanno infatti evidenziato come le proteine della parete cellulare di numerosi batteri, quali lo Pseudomonas syringae, siano caratterizzate da notevoli proprietà di nucleazione, favorendo il congelamento ottimale dell'acqua anche a temperature prossime agli 0°C. Questi batteri sono presenti comunemente in natura su differenti specie vegetali quali frumento, avena e orzo e le loro cellule liofilizzate sono attualmente impiegate come additivi nella produzione di neve artificiale. Si tratta di prodotti generalmente commercializzati in pellets, che vengono disciolti nell'acqua destinata alla produzione della neve artificiale (Kocak & van Gemert, 1988). L'impiego di questi additivi consente di ottenere una maggiore quantità di neve a parità di input energetico. La neve prodotta risulta inoltre più leggera e lavorabile.
Indagini condotte negli Stati Uniti ed in altre nazioni non sembrano evidenziare effetti collaterali nell'impiego di questi additivi (e.g. Goodnow et al., 1990) ed attualmente circa la metà dei comprensori sciistici in Nord America li utilizza. Particolare attenzione deve essere comunque data agli effetti sull'ambiente di questi prodotti, in particolare sul lungo periodo.
La composizione chimica della neve artificiale, oltre che dall'impiego di additivi, dipende anche dal tipo di acqua impiegata nella produzione. Numerosi studi hanno evidenziato in genere una maggiore concentrazione di ioni nella neve artificiale rispetto a quella naturale (Rixen et al., 2001). L'immissione di notevoli quantità di elementi nutritivi durante il disgelo primaverile può influenzare la qualità dei suoli (Freppaz et al., 2001), delle acque e la distribuzione delle specie vegetali. Gli effetti dello scioglimento del manto nevoso possono essere più rilevanti nei primi giorni del disgelo. Esperienze di laboratorio ed in pieno campo hanno infatti evidenziato come il 50-80% degli elementi nutritivi presenti nel manto nevoso sia rilasciato nel primo 30% delle acque di scioglimento (Johannessen & Henriksen, 1978).
Studi condotti in Svizzera (Wipf et al., 2001) hanno evidenziato un maggior contenuto di nutrienti nella vegetazione delle piste da sci innevate artificialmente ed una maggiore presenza di leguminose. Sul breve periodo non è però emerso alcun effetto sulla germinazione delle specie vegetali (Jones & Devarennes, 1995). La maggiore presenza di neve nelle piste innevate artificialmente può però far ritardare lo scioglimento del manto nevoso (Rixen et al., 2001) e di conseguenza la ripresa vegetativa.
Sono sempre più numerosi gli studi condotti sull'impatto ambientale dell'innevamento programmato, ad evidenziare il crescente interesse del mondo scientifico e degli stessi gestori delle stazioni sciistiche. Anche in Valle d'Aosta è sempre maggiore l'attenzione verso un utilizzo sostenibile dell'innevamento artificiale, il cui impiego, come dimostrano i recenti eventi climatici, appare sempre più importante per garantire l'apertura dei comprensori sciistici. Il suo razionale impiego, insieme agli interventi eseguiti sulle piste da sci, possono contribuire ad uno sviluppo sostenibile dell'industria della neve in ambiente alpino. L'attenzione alle problematiche ambientali deve costituire un importante elemento di valutazione per l'attribuzione di un marchio di qualità ai comprensori sciistici, sul modello americano del Sustainable Slopes
Link.
tratto da
Ambiente e territorio in valle d'Aosta